Recensione a Letture su Michel Foucault. Forme della "verità": follia, linguaggio, potere, cura di sé di Marco Bonifazi, Millepiani n. 39


Foucault e l'urbanistica del limite

Nel recente lavoro Letture su Michel Foucault Stefano Righetti sottolinea come la relazione tra l'individuo e il potere sia alla base delle ricerche foucaultiane, e come questa relazione metta in luce l'impianto politico del post-strutturalismo di Foucault (diversamente dal postmoderno di Lyotard) attraverso il rapporto tra il "sistema" e le regole che ne derivano. Il primo problema da affrontare nasce dall'analisi del sistema delle verità con il quale il potere si costituisce attraverso la produzione della soggettività moderna.

Nel testo del 1971,Nietzsche, la genealogia e la storia, Foucault pone la questione dell'origine del sapere in relazione al potere e ai relativi processi di veridizione; la verità come la conoscenza è un'invenzione. La lettura genealogica di Foucault permette di analizzare il campo epistemologico in termini dialeturgia, spiega Foucaultche non esiste relazione di potere senza correlativa costituzione di un campo di sapere, né di sapere che non supponga e non costituisca nello stesso tempo relazioni di potere, ed è in questa direzione che è possibile organizzare delle resistenze, è proprio dall'analisi del rapporto potere-verità che la forza politica di Foucault si sviluppa.

Il grande merito del pensatore francese è di aver colto la polisemia del potere, non più un potere sovrano ma una molteplicità di poteri che attraversano il corpo sociale; il percorso foucaultiano, eterogeneo, asistematico, viene modulato attraverso l'analitica della verità e l'ontologia dell'attualità. In questa prospettiva si innesta il lavoro di Righetti come indagine risolutiva del percorso di Foucault, risolutiva nella misura in cui risulta possibile attraverso i poli individuo-potere, se la verità è un prodotto del sapere-potere ed ogni episteme è il risultato delle forze dominanti è possibile attraverso lotte territoriali sviluppare un'alternativa, analizzare la carica politica del lavoro di Foucault.

Le forze della razionalità moderna, ed il funzionamento produttivo che ne consegue, hanno il compito di normalizzare, racchiudendo nell'orizzonte dell'ordine, tutto ciò che eccede. L'ordine normalizzante della ratio è minacciato dalle forze dionisiache che ne destabilizzano la grande architettura. Nell'opera del 1961Storia della follia è possibile notare come il potere si innesti nelle pratiche quotidiane costituendo tutta una sorta di "urbanistica del  limite", il manicomio come paradigma della cultura occidentale che ha fatto del rapporto Ragione-Sragione il suo carattere distintivo. La storia dell'occidente è la storia di un limite, di unalacerazione, e la follia consiste in una scissione originaria dal Tutto indifferenziato che Nietzsche descrive ne La nascita della tragedia, l'urlo di Sileno che svela la struttura tragica dell'occidente.

Foucault esalta e rivaluta questa pienezza originaria, è nella Verità del folle che il pensatore francese coglie la linea di fuga, nella scrittura di Hölderlin e Artaud la forza politica di un linguaggio anteriore alla scissione inaugurata dalla ragione moderna. Uno degli aspetti innovativi dello studio di Righetti consiste nell'analisi delle linee eterogenee del lavoro foucaultiano, dal Pensiero del fuori, uscito nel 1966, alla conferenza del 1970,L'ordine del discorso, il problema del linguaggio in relazione all'episteme e al potere muta completamente.

L'originalità dello studio di Righetti sta nel sottolineare queste rotture alla luce del problema polimorfo dell'analitica della verità. Procedendo per linee discontinue Foucault sembra seguire le rotture epistemologiche della storia, dal corpo dilaniato di Damiens al Panopticon di Bentham, dal linguaggio della letteratura come esteriorità ne Il pensiero del fuori a L'ordine del discorso dove l'originalità del linguaggio non può non tener conto delle «funzioni» (com'è, per esempio quella dell'autore) che si trovano già codificate nel discorso, sulla base di regole già prestabilite, e a cui gli «enunciati» di un certo ambito discorsivo devono sempre far riferimento (p.37).

Emblematica, in questo senso, è l'analisi su Sade che Foucault formula nel primo volume della Storia della sessualità La volontà di sapere (1976) rispetto agli scritti degli anni Sessanta. Nell'analizzare la sessualità come un dispositivo discorsivo volto a produrre la Verità sul sesso, Foucault sovverte l'impostazione "repressiva" che aveva contraddistinto il dibattito intorno alla sessualità degli anni Sessanta e Settanta (da Reich a Marcuse). L'occidente, come afferma Foucault, è l'unica cultura ad aver prodotto una scientia sexualis.

Il problema della sessualità rappresenta un punto cruciale nell'itinerario foucaultiano perché se da un lato egli prosegue l'analisi sui meccanismi di proliferazione discorsiva con le relative istituzioni del sapere (la psichiatria, la medicina, la scuola) dall'altro, procedendo a ritroso nello studio della sessualità antica, giunge a conclusioni affatto differenti. Proprio quest'ultima cesura viene sottolineata da Righetti nell'ultima parte del libro, a differenza delle pratiche coercitive dell'asilo e della prigione, ciò che colpisce Foucault è che la morale antica si propone agli individui come una pratica di libertà, attraverso cui diventa possibile esercitare – di fatto – una «scelta individuale» (p.109).

Dagli Aphrodisia al governo di sé: una serie di pratiche volte alla cura di sé che permettono all'individuo di costituirsi come soggetto; è attraverso un confronto diretto con Pierre Hadot che Righetti analizza il nodo gordiano dell'ultimo periodo di Foucault, una via di liberazione e una presa di distanza netta dalla visione postmoderna, una traccia, un abbozzo di lavoro che lascia aperto il cantiere in divenire del filosofo di Poitiers.