Recensione a Soggetto e identità. Il rapporto anima-corpo in Merleau-Ponty e Foucault di Ubaldo Fadini, «Millepiani» n. 32, aprile 2007
PROBLEMI DI IDENTIFICAZIONE
Il recente studio di Stefano Righetti su Soggetto eidentità. Il rapporto anima-corpo in Merleau-Ponty e Foucault ha al centro la questione, non soltanto filosofica ..., dell'identificazione della soggettività contemporanea in un momento in cui il rapporto/confronto con il mondo si presenta come particolarmente difficile e ancor più complicato dalle dinamiche della cosiddetta "globalizzazione" (che in effetti ci fanno appunto perdere sempre di più il "mondo").
Potrei dire che tale difficoltà consente un recupero del motivo heideggeriano della “chiacchiera”, dell’ “inautencità” (e dell'“autenticità”), in definitiva di sviluppi importanti dell' analitica esistenziale, al fine di sventagliare con consapevolezza critica il maggior numero possibile di concetti filosofici in grado di supportare un pensiero sul "senso" di un soggetto sempre più percepito come una sorta di “variabile permanente”, di realtà “non unitaria”: ma forse è più opportuno segnalare ciò che R. Braidotti ha indicato, in molti suoi scritti, come il “paradosso del regime postmodemo”, vale a dire l'affermarsi di una sorta di "inflazione discorsiva", una "profusione di discorsi, di pratiche e di norme di comportamento" rispetto ad una "materia corporea" che non si sa bene come prendere, rispetto alla quale manca il consenso su cosa essa sia effettivamente.
Foucault e ancor prima Merleau-Ponty permettono di fare radicalmente i conti con tale inflazione discorsiva: se il secondo muove verso una risoluzione della questione dell'identità attraverso l'individuazione del primato della carne del mondo, in un senso che mantiene viva la prospettiva fenomenologica, soprattutto laddove affronta il motivo della percezione impiegando i concetti di anima e di corpo, il primo ripropone la problematica del soggetto, direzionata eticamente (in modo tale cioè da sottolineare il valore della libertà dispiegato nel rapporto con gli altri e con il mondo), in un quadro teorico che appare contraddistinto da uno stimolo ad andare al di là della stessa metafisica post-cartesiana, con le sue metamorfosi del protagonismo del cogito, e di quelle scienze umane e della modernità in generale che propongono un determinato ideale dell'umano.
Merito di Righetti è di non arrestare l'indagine nel momento in cui l'anti-umanismo radicale di Foucault (che si concretizza particolarmente nel periodo che va dall'inizio degli anni 60 e i primi anni 70) riconduce l'anima e il corpo (l’uomo) alle forme del discorso, bensì di cogliere, nel lavoro foucaultiano degli ultimi anni (quelli caratterizzati dalla ripresa del tema della “cura di sé”), un ritorno alla dimensione concettuale propria del cosiddetto “dualismo” cartesiano, cioè proprio alla sfera dell'umano, del rapporto tra l'anima e il corpo, che proietta il confronto dell'autore di Sorvegliare e punire con Merleau-Ponty ben al di là di ciò che comunemente si pensa (come momento di sua -definitiva -risoluzione).
E' la stessa architettura testuale dello studio di Righetti che certifica la validità di tale ambizione interpretativa: dopo un'analisi minuziosa ed elegante, anche dal punto di vista letterario, del rapporto anima-corpo nell'epistemologia foucaultiana e di quello tra la parola e il pensiero in Merleau-Ponty, viene affrontata la questione-chiave della “libertà”, che consente di non esaurire la riflessione nel corpo a corpo con le cosiddette "tecniche del dominio" (proprie delle istituzioni locali, a partire dalle prigioni), e di riarticolare l'indagine nella convinzione che sia opportuno gettare uno sguardo sulle “tecniche del sé”, su quei processi di formazione attiva degli individui che appaiono come complementari rispetto alle trasformazioni prodotte dalle (nelle) tecniche di dominio.
In questi termini si delinea la necessità di una riconsiderazione complessiva delle pratiche della soggettività, dentro le quali vive, a partire dall'antichità, una possibilità di realizzazione della "scelta individuale" che testimonia della presenza di un certo grado di libertà che sempre sostanzia i rapporti “soggetto-verità”: ciò non è senza relazioni con il lavoro precedente di Foucault, come osserva Righetti, ma anzi aiuta a comprendere meglio come non si modifichi la configurazione della ricerca, che insiste infatti sempre sui rapporti soggetto-verità, soggettopotere, nel senso che si tenta di approfondire l'analisi dei processi di soggettivazione e dei suoi meccanismi.
Senza richiamare le pagine importanti (del capitolo conclusivo sulla "cura di sé e teoria del superuomo nel pensiero di Foucault": rilevante anche per il confronto con la lettura di G. Deleuze riassunta nel suo Foucault, 1986) sui nuovi scarti e sulle nuove vicinanze dell'ultima fase del lavoro di Foucault col pensiero di Merleau-Ponty, mi sembra che uno dei meriti indubbi dello studio di Righetti consista proprio nel cogliere in maniera acuta l'attenzione foucaultiana al motivo della discontinuità (epistemologica), al quale agganciare la questione costitutiva del pensiero occidentale, cioè il rapporto tra il soggetto e la verità.
Scrive Righetti: “Leparole e le cose aveva concentrato l'analisi della cultura occidentale sulla discontinuità epistemologica che differenzia il Moderno dal Rinascimento, per poi evidenziare come la modernità contenesse a sua volta una discontinuità interna (coincidente con la nascita dell'Uomo e con la scoperta dell'impensato) che raggiunge il suo limite nel discorso fenomenologico. Nel percorso teorico che guida i corsi dell'81 al Collège, Foucault affronta un'altra discontinuità: il discrimine (per certi versi ancora più essenziale) che separa modernità e antichità.
E il punto di non continuità tra antico e moderno è ora indicato da Foucault nella differenza tra spiritualità e conoscenza. Questi termini rappresentano un nuovo dualismo, intorno al quale Foucault organizza sia le lezioni su L’ermeneutica del soggetto che gli ultimi volumi della Storia della sessualità. Ma in questo sviluppo anche l'archeologia del sapere occidentale, concepita da Foucault, trova infine il proprio compimento”.